La diga sociale

E chi lo ha detto che la desistenza potrebbe tradursi in un voto alle liste di Bersani e a quelle di Vendola?

di Carmine Fotia tratto da: http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/1/17/30270-la-diga-sociale/

Daniela Preziosi ha documentato perfettamente su il manifesto perché quella del voto utile è un’arma spuntata e dunque non riprenderò le sue ampie citazioni alle quali rimando per dimostrare come coloro che oggi usano quest’arma contro Rivoluzione Civile (da Vendola in giù) ne dicevano peste e corna quando era rivolta contro di loro.
Inoltre mi pare che l’appello al voto utile nel 2010 non fece vincere il centrosinistra perché non è affatto detto che scoraggiare a votare qualcuno per una lista significa convincerlo a votare per te. Questo può avvenire solo se, come con la desistenza nel 1996, essa è il frutto di un accordo politico alla luce del sole. Allora si fece qualcosa di simile al patto di lealtà repubblicana nel secondo turno delle elezioni francesi, quando si vota il candidato meglio piazzato. Ma era un accordo politico, dove in alcuni collegi l’Ulivo votava i candidati di Rifondazione e viceversa. Cioè esattamente quello che oggi il Pd rifiuta: vorrebbe una resa unilaterale piuttosto che una desistenza. Perché? Perché altrimenti vince Berlusconi. 
A parte il fatto che, se il Pd avesse voluto davvero togliere di mezzo Berlusconi, avrebbe dovuto, come sostiene un autorevole quanto purtroppo inascoltato esponente del Pd come Goffredo Bettini sulle pagine di Europa di ieri, andare a elezioni anticipate subito dopo la crisi del governo Berlusconi proponendo al giudizio degli elettori un’alleanza con il centro in funzione antiberlusconiana e invece ha partecipato a una maggioranza insieme a lui e l’ha rilegittimato e resuscitato. E poi, se esiste davvero la possibilità che vinca Berlusconi e se impedirlo è una priorità democratica, perché il Pd e Sel non hanno mai preso in considerazione l’offerta di alleanza avanzata da Ingroia?
Vi sono oggi ragioni profonde che richiedono una presenza politica alternativa come quella di Rivoluzione Civile, ragioni insopprimibili che, se non fossero rappresentate, difficilmente potrebbero convergere su Pd e Sel per le ragioni che Alberto Burgio ha spiegato su il manifesto di martedì: Rivoluzione Civile è l’unica proposta antiliberista oggi in campo nelle elezioni. Le stesse richieste di Piero Bevilacqua (vedi ancora il manifesto), che pure mantiene una certa equidistanza tra sinistra e centrosinistra, di un vero e proprio piano per l’occupazione, la scuola e il reddito minimo garantito, difficilmente potranno trovare spazio in una proposta di governo che il Pd ha congegnato come rivolta a un accordo con il neoconservatorismo montiano, anche se Sel finge di non aver sentito.
Il perché l’ha spiegato, come al solito lucidamente, Massimo D’Alema nel suo libro intervista a Peppino Caldarola. Gettata a mare la vocazione maggioritaria di Veltroni e tagliati i ponti a sinistra, D’Alema descrive Monti come il leader di una nuova offerta conservatrice con la quale il centrosinistra deve oggi allearsi contro il populismo di Berlusconi per costruire il bipolarismo del futuro. Spiega Bersani intervistato dal Washington Post: «Siamo aperti a una collaborazione con Monti, non per uno scambio di favori, ma per firmare un patto per le riforme e per la ricostruzione del paese». Aggiunge D’Alema : «Noi vogliamo una coalizione forte nel paese…quindi dobbiamo costruire un accordo di governo…la cosa più conveniente per l’Italia è che si governi insieme, progressisti e moderati».
Una tale convinzione nasce dall’accettazione da parte del Pd della immodificabilità delle politiche di bilancio imposte dal patto di stabilità ed è su questo che si fonda il progetto dell’alleanza con Monti la cui agenda si può un po’ correggere ma non rovesciare, come sarebbe necessario per uscire da una spirale recessiva. Mentre un esponente del Pd come Fassina in Italia alza polveroni, questi sì demagogici e populisti, antimontiani quando poi parla all’estero anche lui (descritto quasi come una specie di Lev Trotsky redivivo) intervistato dal FT, afferma che un governo Bersani non chiederebbe di rinegoziare fiscal compact e pareggio di bilancio, e offre ai tedeschi lo scambio tra cessione formale a Bruxelles della sovranità di bilancio con la messa fuori calcolo del pareggio gli investimenti pubblici. Dice che su questo il centrosinistra chiederebbe l’appoggio dei francesi che, com’è noto, non otterrà mai perché la Francia non accetterà mai tale ulteriore cessione di sovranità. Ha scritto su il manifesto un autorevole economista antiliberista, Sergio Cesaratto: «Ma perché Fassina già rinuncia a ogni rinegoziazione proponendo cervellotici scambi coi tedeschi senza neppure chiedere un chiaro ribaltamento delle politiche di austerità?». Infine Fassina propone il congelamento dei salari per favorire gli investimenti, ma in questo modo, scrive ancora Cesaratto «siamo precisamente all’idea, contestata da Keynes, dell’incompatibilità tra crescita dei salari e investimenti che è al cuore del Montismo».
L’altra unicità di Rivoluzione Civile è nel concepire lotta contro la mafia, la corruzione e l’occupazione partitocratica delle istituzioni, non come una questione moralistica e tanto meno “giustizialista”, bensì la leva di una vera propria riscossa democratica che liberi risorse economiche e umane per sostenere lo sviluppo e l’equità. C’è da aggiungere davvero poco a quanto diceva Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari sulla questione morale: «Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri…».
Vogliamo mettere i partiti alla prova? Chi accetterà di rinunciare a ogni potere di nomina, a cominciare dalla Rai? Chi accoglierà la proposta lanciata da MoveOn e sottoscritta da migliaia di cittadini, che chiede l’uscita dei partiti dal governo della Rai e l’elezione da parte dei cittadini del Cda?
Le prossime elezioni, nel pieno dell’inverno del nostro scontento, sono dominate dal disagio, dalla rabbia di un paese stremato dalle politiche di Berlusconi prima e di Monti, poi. La domanda che sale dal paese reale è di un futuro diverso, di una speranza. La ripresa di Berlusconi penso sia dovuta all’appiattimento di tutti sulla medesima agenda piuttosto che a un eccesso di radicalismo. Il berlusconismo trae alimento dalla rassegnazione ed è stato sconfitto solo quando le forze progressiste hanno saputo presentarsi come radicalmente alternative. Rivoluzione Civile è dunque lo sbocco a sinistra della protesta che altrimenti facilmente prenderebbe la via del non voto o del populismo demagogico. È il modo per passar dall’indignazione all’impegno per cambiare.
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